Asia on the road, dal 24 maggio al 15 ottobre 2015.
Parte 3: Kirgizistan - Kazakistan - Russia - Mongolia
Le foto del viaggio sono visibili a questa pagina
L'indomani ne approfitto per dare una occhiata al motore controllando olio, pulendo il filtro dell'aria e uno sguardo generale.
La cucina che ci preparano a cena e a pranzo varia dal riso alla zuppa con verza e montone a frittelle ripiene sempre di carne, mentre la mattina per colazione latte appena munto, caffè, biscotti fatti in casa e uova.
Sono stati due giorni vissuti intensamente nella natura a contatto con gli animali e vivendo con gli indigeni locali.
Lasciamo questo posto incantato per dirigerci verso la città di Bishkek. La pista continua a salire e scendere incuneandosi su gole attraversate da fiumi impetuosi, oltrepassiamo un altro passo di oltre 4200 metri per poi scendere in picchiata fino alla confluenza con la strada asfalta che ci porterà in città ad un'altezza di 750 metri.
Arriviamo a Bishkek (dove ci fermeremo 3 notti). Come sempre nelle città non è facile trovare sistemazione a prezzi abbordabili, facciamo fatica anche qui ma alla fine la troviamo nell'hotel Goin gestito da cinesi dove abbiamo qualità con un prezzo accettabile: camera molto grande con TV, bagno, wifi, condizionatore e posto auto alla cifra di 45 dollari per notte.
L'indomani ne approfitto per dare un po di respiro all'auto, di prima mattina andiamo in un lavaggio per auto dove le facciamo fare una pulizia generale poi ci rechiamo da un meccanico dove facciamo cambiare l'olio motore, filtro aria, filtro gasolio ed adattato un filtro olio, stranamente si trova tutto meno il filtro olio perché la produzione per il mercato asiatico della Hyundai Tucson adotta un filtro a cartuccia mentre la mia monta un filtro cilindrico di carta.
Il pomeriggio lo dedichiamo alla visita della città che non offre molto al turismo a parte i grandi viali alberati, qualche piazza, palazzi di ottima fattura ed alcuni musei di storia; non c'è molto di interessante e di storico.
Tramite internet scopro che in città c'è un ristorante italiano vero, gestito da un marchigiano, consultandomi con Assunta decidiamo che questa sera ci facciamo una capatina. Ci presentiamo alle 19 ora locale, del personale gentile ci fa accomodare in un tavolo vicino al bancone e quando chiediamo notizie del proprietario siamo subito raggiunti da un simpatico signore di nome Walter Barbaresi. Appena saputo che siamo italiani non ci ha lasciati per tutta la serata consigliandoci la scelta del menù, chiacchierando come se la nostra conoscenza fosse da sempre esistita e facendoci pagare una cifra simbolica di 15 Euro.
Simpaticissimo ed entusiasta del nostro viaggio ci invita a pranzo per l'indomani dove troveremo altri italiani, un pranzo tra amici ci dice a domani mi raccomando.
Finalmente sono riuscito dopo più di due mesi a mangiare un piatto di spaghetti aglio olio e peperoncino e una parmigiana di melanzane il tutto annaffiato da un buon bicchiere di vino rosso marchigiano.
Questa mattina dopo la nostra colazione fai da te direttamente in camera prima di recarci da Walter ci facciamo una gita fuori porta anche per provare la macchina, vista la manutenzione fatta ieri. Mentre uscivamo dalla città salendo su per una collina mi accorgo di aver imboccato una strada senza uscita e prima di fare inversione vengo raggiunto da una macchina della polizia che con la sirena accesa mi blocca chiedendomi i documenti e facendomi scendere dalla vettura.
Apriti cielo mi contestano di tutto perfino l'arresto perché a detta loro sono in una zona controllata e chiusa al traffico perché vicino alla residenza del presidente.
Vogliono appiopparmi una mega multa dalla cifra spropositata di 150 dollari salvo confisca dei passaporti, si apre una lunga ed estenuate trattativa, alla fine la chiudo perché si avvicina l'ora dell'appuntamento al ristorante facendomi rapinare 35 dollari che si sono incassati senza darmi nessuna ricevuta.
Arriviamo al ristorante Bella Italia (così si chiama) dove già ci aspettavano con la tavola apparecchiata ansiosi quanto noi di fare la loro conoscenza, ci sono due trasportatori di Potenza che fanno la spola con i loro camion, un toscano che ha anche lui una pizzeria in città, un Romano con famiglia che ha un fabbrica di mozzarelle ed altre persone di passaggio, veramente un bella compagnia scherzosa e gentile. Abbiamo pranzato mangiando tutta roba italiana cucinata da Walter, ci siamo alzati mezzi storditi dal vino e dal limoncello finendo con un vero caffè all'italiana. Giornata fantastica passata insieme a delle persone fantastiche vivendola come essere a casa propria.
Abbiamo acquistato nuovi amici e fatto conoscenza con persone fantastiche.
Oggi 3 agosto lasciamo la città di Bishkek per dirigerci verso il lago Issyk-Kul con l'intenzione di sostare altri tre giorni nella cittadina di Karakol per visitare la zona circostante.
La strada inizialmente è in ottima condizione ma quando arriviamo in prossimità del lago l'asfalto diventa bucato e ondulato. Il panorama è sempre bello e la giornata si presenta con uno splendido sole tanto da far riflettere le montagne sul lago come in uno specchio.
Arriviamo presto a Karakol e con molta calma abbiamo modo di trovare una ottima sistemazione nell'hotel Park a conduzione familiare con camera discreta, wifi, colazione e posto auto il tutto per 25 dollari a notte.
Karakol è una cittadina senza pretese, arruffata, senza un piano regolatore, tutto sembra ammucchiato e trasandato, giardini con erbacce che coprono le panchine, case che a prima vista sembrano abbandonate sono invece abitate, molte case sono di legno di fattura ottomana, alcune restaurate sono bellissime.
Diciamo che se l'amministrazione comunale si impegnasse potrebbe farla sembrare una cittadina molto carina.
Sulle sponde del lago ci sono alcune zone con spiagge attrezzate dove si può fare il bagno anche se l'acqua non è molto calda.
Incontriamo di nuovo il milanese incontrato precedentemente a Khorog anche lui arrivato fin qua naturalmente a scrocco tramite autostop, ci dice che la prossima settimana ha un volo di rientro su Atene dove passerà una settimana da amici (naturalmente sempre a scrocco) beato lui, risaluti e alla prossima chissà.
L'indomani facciamo una escursione in una vallata vicina dove saliamo in alta quota su alpeggi alpini di rarissima bellezza, attraversiamo villaggi dove la vita sembra ferma all'anno mille gente nei campi a lavorare la terra con le nude mani e con rudimentali strumenti, animali al pascolo in stato brado e bambini che giocano con pezzi di legno e pietre, mi sembra di rivivere in parte la mia infanzia.
Siamo arrivati a giovedì 6 agosto, lasciamo questa terra fantastica per entrare in Kazakistan con l'intenzione arrivare nella città di Astana capitale del paese dove dobbiamo richiedere il visto di transito per la federazione Russa.
La strada inizialmente asfaltata lascia di nuovo posto a una sterrata di montagna dove da lì a poco scavalchiamo un passo di oltre 2500 metri per poi ridiscendere in valle ed arrivare in un posto sperduto dove ci sono le dogane di transito.
Lungo la sterrata quasi sul passo siamo fermati da una famiglia con la vecchia macchina in panne ma quando capiscono che siamo stranieri si scusano, io insisto e a gesti chiedo se posso essere di aiuto, alla fine mi chiedono di dare un passaggio all'anziana signora (forse la nonna) fino al prossimo villaggio dove hanno la loro casa, accettiamo volentieri, facciamo accomodare la nonna e dopo circa 20 chilometri ci fa capire che lei è arrivata, vuole a tutti i costi offrirci da bere ma noi gentilmente la ringraziamo e riprendiamo la nostra strada.
Arriviamo prima di mezzogiorno alla dogana, passiamo quella Kirghisa in poco tempo e cosa ancora più strana troviamo quella Kazaka molto professionale e veloce. Ci concedono il visto di permanenza per 15 giorni senza nessuna richiesta di danaro, favoloso.
La strada che percorriamo è abbastanza in ottimo stato con visione paesaggistica ottima, il caldo si fa di nuovo sentire abbiamo lasciato le montagne ritrovandoci lungo una bassa valle ed entrando nelle sconfinate praterie e steppe del Kazakistan.
Pian piano però la strada diventa talmente ondulata e rovinata dal passaggio dei camion che ad un certo punto sento che qualcosa non va, ci fermiamo e con un controllo visivo mi accorgo che l'ammortizzatore posteriore destro si è staccato dall'attacco del passa ruote. Non potendo fisicamente intervenire ripartiamo viaggiando piano ed evitando buche fino a che non trovo un meccanico, questi con molta professionalità smonta il tutto trovandosi davanti a un ammortizzatore scoppiato ma non avendo il ricambio lo sistema alla meglio rimontandolo con molta cura al costo di Euro 10, grazie amico, appena posso devo per forza sostituirli.
Nel pomeriggio inoltrato ci fermiamo lungo il percorso dopo aver oltrepassata la città, ex capitale del Kazakistan, Almaty, in una fatiscente camera di un ristorante dove la notte abbiamo fatto fatica a riposare e prendere sonno per il caldo opprimente e il rumore del traffico della strada adiacente, pazienza il mercato al momento non offriva niente di meglio.
La mattina non vediamo l'ora che si alzi l'alba per lasciare questo posto e riprendere il viaggio. Il percorso è alquanto monotono e la strada sembra disegnata con un righello, dritta maledettamente dritta senza trovare un accenno di curva per centinaia di chilometri sempre su una steppa infinita dove di tanto in tanto ci sono degli scorci con del paesaggio brullo da cartolina lunare. Incrociamo un brutto incidente, un autobus carico di persone a bordo ha avuto un frontale con una macchina, c'è molta polizia e vigili del fuoco, indirizzano il traffico per cercare di farci passare velocemente. Naturalmente speriamo che non ci siano morti ma le condizioni della macchina sono disastrose.
Dopo aver fatto più di 700 chilometri ci fermiamo a dormire in un hotel nella cittadina di Balkash sul lago omonimo, trovare sistemazione con la scritta “hotel” non è facile dobbiamo memorizzare la scritta in cirillico di “Gastenitza” hotel in cirillico, da questo momento in poi è quello che ci servirà.
Oggi 09 agosto partiamo presto per raggiungere la città di Astana, nuova capitale del Kazakistan dove abbiamo intenzione di fermarci alcuni giorni anche perché dobbiamo richiedere il visto di transito della federazione Russa.
Sono circa 600 chilometri di duro e scassatissimo asfalto dove mettiamo a dura prova i già rovinatissimi ammortizzatori dell'auto.
Arrivati nel tardo pomeriggio ci mettiamo alla ricerca di una sistemazione che non è facile ma alla fine con la nostra pazienza e fortuna la troviamo nell'hotel San Marino,
chiamato così perché i proprietari erano stati affascinati proprio dalla repubblica di San Marino in un loro viaggio fatto in Italia.
Il costo a notte di Euro 55 non è economico ma in base a tutti quelli che abbiamo visitato è il più abbordabile come qualità e servizi offerti.
Sabato e domenica li dedichiamo alla visita di questa città avveniristica e futuristica voluta dal suo presidente che detiene il comando del paese da oltre 20 anni.
Anche se moderna è molto bella, la città è in continua crescita ed in mano ai più noti architetti di fama mondiale che hanno progettato e costruito il palazzo presidenziale posto su una collina a ridosso del fiume, la torre di Bayterek simbolo della città, il palazzo della pace e della concordia a forma di piramide, l'auditorium di stato, il palazzo KazMunayGas sede della potente compagnia petrolifera di stato e tantissimi palazzi e viali di ottima fattura.
Il moderno non mi ha mai affascinato ma in questa città così ben costruita mi sono ricreduto, tutto è maledettamente piacevole e di buon gusto.
La mattina del lunedì ci rechiamo subito in ambasciata per la richiesta del visto ma la cosa non è così semplice dobbiamo scaricarci dal sito online della federazione Russa un modulo da compilare direttamente per la registrazione e la stampa dello stesso, non avendo stampante e una postazione internet idonea, provo a chiedere via telefono un aiuto alla nostra ambasciata d'Italia ma ricevo risposte vaghe e non affermative scusandosi del poco personale visto il mese di agosto in corso, non li mando a quel paese in modo plateale ma diplomaticamente sì. Decidiamo di recarci in una agenzia dove facciamo il tutto. Ritornati nel pomeriggio in ambasciata e consegnata tutta la documentazione ci informano che possiamo ritirare il visto fra 3 giorni, siamo costretti a stare in questa città per un tempo che non avevamo in programma.
Ne approfittiamo per recarci nella nuova e fiammante concessionaria Hyundai per vedere se sia possibile sostituire gli ammortizzatori della Tucson.
Troviamo gente disponibile e professionalmente preparate, alla nostra richiesta dopo un controllo di magazzino ci danno conferma che sono disponibili e che in 24 ore sarebbero stati montati al costo scontato di Euro 550, naturalmente accettiamo volentieri pensando a quello che l'auto deve ancora affrontare. Gentilissimi si prendono subito cura della macchina chiamando anche un taxi per farci accompagnare in hotel e riprenderci l'indomani pomeriggio per ritirare l'auto in perfetta forma. Una volta pagato con carta di credito, tutto il personale ha voluto fare le foto con noi e la macchina.
Passiamo i restanti due giorni a visitare e conoscere molto a fondo la città, facciamo passeggiate di chilometri lungo il fiume ed il centro, visitiamo l'interno dell'avveniristico centro commerciale a forma di nave spaziale e ci godiamo la frescura in alcuni locali bevendo una ottima birra.
Venerdì 18 agosto ritirato il visto prima di mezzogiorno decidiamo di riprendere il nostro viaggio itinerante che ci porterà nella così detta Perla del Kazakistan a circa 270 chilometri di autostrada nuova di zecca a nord di Astana, precisamente il lago di Burabay un posto veramente fantastico circondato da foreste e alte colline rocciose.
Trovare sistemazione nei diversi alberghi turistici della zona non è difficile e con la cifra di Euro 42 a notte tutto compreso, abbiamo anche il balcone ne approfittiamo per fare il bucato e stendere i panni.
Stiamo tre giorni a passeggiare e goderci il fresco del lago all'ombra della foresta di pini, betulle e aceri che lo circonda, camminiamo così tanto che la sera non abbiamo più la forza di uscire dopo cena, abbiamo solo voglia di stare in camera a riposare e vedere qualche programma TV anche se non capiamo una mazza.
La mattina del 17 agosto riprendiamo la strada per recarci nella città di Pavlodar, il percorso di circa 600 chilometri si rivela molto piacevole e scorrevole grazie ai nuovi ammortizzatori la Tucson viaggia che è un piacere. Il paesaggio è sempre di una sconfinata steppa con tratti di terreno ben coltivati a grano e foraggi per animali.
Arriviamo in città e stranamente non facciamo molta fatica a trovare un hotel Gastinitza ben servito con camera grande, condizionatore, wifi e colazione direttamente in camera al costo di Euro 40 nell'hotel Faraon.
Pavlodar è una città molto carina e ordinata attraversata dal grande fiume Irtysh attrezzato con alcuni stabilimenti balneari e spiagge annesse, abbellita da lunghi viali alberati e palazzi moderni che si mescolano con la bruttezza dei casermoni dell'era Sovietica.
Trascorriamo anche qui tre giorni visitando in lungo ed in largo il centro cittadino, andiamo anche due pomeriggi in spiaggia facendo lunghe passeggiate sulla battigia del fiume e riuscendo anche a fare il bagno.
Oggi 20 agosto lasciamo il Kazakistan ed entriamo nella federazione Russa per l'ultimo trasferimento prima dell'ingresso in Mongolia.
Espletate le formalità Kazake velocemente iniziamo a fare quelle per la Russia, queste si rivelano cavillose perché trovano da dire sui passaporti abbastanza rovinati da diverse aperture e manipolazioni nelle dogane precedenti. Passiamo più di due ore con i passaporti in mano ai doganieri per controlli di non so quale genere, alla fine timbrano il tutto dandoci l'ok di varcare la sbarra e riprendere il viaggio.
Il percorso che stiamo facendo l'abbiamo già fatto in moto nel 2006 ma non ci ricordavamo di quanto è bello il panorama forse perché allora non era una splendida giornata di sole come adesso, me la ricordo fredda e piovosa.
Facciamo una sosta di una notte nella cittadina di Bijsk dove in una banca faccio il cambio di 100 dollari in Rubli.
La strada che stiamo percorrendo costeggia un grande fiume impetuoso con scorci mozzafiato su alte montagne innevate. Attraversiamo tipici villaggi con casette in legno che sembrano usciti dal fumetto dei Puffi.
Arriviamo a Tashanta ultimo villaggio di poche anime dove si trova la dogana per lasciare la Russia che sono appena passate le ore 17. Purtroppo ci sentiamo dire che gli uffici doganali sono chiusi e che dobbiamo aspettare l'indomani mattina alle ore 8 per lasciare il paese, non c'è verso di convincerli a farci le pratiche, siamo costretti ad arrenderci e piantare (visto il nulla in un raggio di 100 chilometri) la nostra tenda in un prato ai bordi della dogana.
Tutto sommato non è stata una brutta notte, abbiamo mangiato, dormito e fatto colazione tutto con le nostre forze in un posto isolato ma controllato da militari doganali.
Puntuali alle 8 di mattina siamo in fila con altri per affrontare le scartoffie doganali che questa volta si rivelano molto più celeri del previsto, si alza la sbarra siamo in terra di nessuno dove su strada di montagna si viaggia per circa 25 chilometri prima di arrivare alla dogana della Mongolia.
La dogana Mongola è posta ad una quota di 2200 metri, tira un vento gelido, siamo costretti per la prima volta a coprirci il capo con un cappello di lana. Le pratiche si rivelano veloci anche perché non c'è molta gente, 30 minuti dopo siamo liberi di entrare in questa terra meravigliosa, paghiamo solo 40 dollari per il permesso ed assicurazione auto per 30 giorni di permanenza.
Il villaggio lo troviamo molto cambiato ci sono nuove costruzioni e qualche locale in più, partiamo con l'intenzione di vedere tutta la parte nord di questo paese visto che precedentemente abbiamo visitato la parte centrale e quella della regione del Gobi.
Imbocchiamo la pista che ci dovrebbe portare al lago Ureg-Nuur, dopo non più di 20 chilometri siamo fermati da alcuni locali, questi ci informano che la pista è interrotta da una grossa frana venuta giù per le ultime piogge intense e il disgelo delle nevi.
Dobbiamo cambiare il percorso, si fa tardi ed a questo punto decidiamo di deviare verso la città di Ulgji dove passeremo la notte e faremo il punto della situazione.
Dopo pochi chilometri la pista diventa asfaltata segno che a 9 anni di distanza le cose stanno cambiando. Arriviamo in città abbastanza presto, ci troviamo una sistemazione proprio sulla piazza centrale e dopo che ci siamo fatti una doccia e sistemato usciamo per cenare e fare anche il cambio valuta.
La sera studiando la mappa cartacea rilevo dei punti GPS così da crearmi una rotta per oltrepassare la frana e riprendere la pista come da programma.
Domenica 23 agosto di prima mattina siamo di partenza, da questo momento in poi saremo fuori dal mondo virtuale e moderno, viaggeremo solo con le nostre forze e le nostre conoscenze tramite mappa cartacea e GPS trovando da dormire nei posti di fortuna e con servizi all'osso.
Imbocchiamo la pista facilmente, la nostra prossima meta come previsto è il lago Uureg-Nuur, negli Altay. Viaggiamo su una sterrata spettacolare sul greto di un fiume che in alcuni punti ci porta a fare dei guadi, la Tucson se la cava benissimo, i nuovi ammortizzatori fanno bene il loro sporco lavoro. Sulla nostra via incontriamo molti animali al pascolo, migliaia di marmotte e moltissimi rapaci come falchi e aquile, questo spettacolo naturalistico ci accompagnerà per tutta la nostra permanenza in questa terra immensa.
Nel primo pomeriggio arriviamo in un villaggio formato da casette colorate in legno e Gher (tende tipiche della Mongolia). Usciti dal villaggio la pista si dirama in diverse direzioni e facciamo molta fatica a trovare quella giusta, dobbiamo avere le antenne attizzate, per fortuna con l'aiuto di qualche locale e il nostro fidato Garmin riusciamo ad imboccarla nel senso giusto. Sono le 13,30 locali (siamo 6 ore avanti rispetto all'Italia) ci troviamo un punto panoramico dove con il nostro tavolo e le sedie ci accomodiamo per fare uno spuntino, peccato che non riusciamo più a farci un caffè, abbiamo finito la scorta del gas per il nostro fornello e seppur cercandolo disperatamente non riusciamo a trovare il modello che vada bene, peccato ci manca molto.
Dopo circa 300 chilometri di pista spettacolare arriviamo in vista del lago, ci fermiamo per alcune foto di rito ma guardandoci intorno scopriamo di trovarci in mezzo a delle pietre tombali sparse per centinaia di metri alcune dei quali ancora con bassi rilievi di ottima fattura. Fantasticando col pensiero vediamo una battaglia che ci riporta indietro nel tempo fino al periodo dell'impero mongolo dove magari in questo luogo sono caduti dei valorosi condottieri.
Vicino alle sponde del lago c'è un campo di casette attrezzate per i pescatori e qualche turista viaggiatore come noi, contrattiamo il prezzo per una casetta con dei letti scarni ma al riparo, alla cifra di 15 dollari per la notte.
Il posto è gestito da una signora alquanto bizzarra e un po scorbutica, aperta la casetta le facciamo notare che l'unica finestra è invasa da migliaia di moscerini e che magari sarebbe il caso di cambiare casetta, prontamente ci fa notare che sono tutte così perché il lago è pieno di questi insetti, lei sorridendo inizia a raccoglierli e a mangiarseli con gusto, noi schifati chiediamo spiegazione, ci fa capire che sono insetti molto nutrienti e che fanno bene specialmente alla donna che allatta dei bambini, pazzesco, naturalmente noi quelli rimasti abbiamo fatto il possibile per cacciarli via.
Il lago è di uno splendore unico, l'acqua ha un colore di un verde smeraldo, le montagne dell'Altay le fanno da contorno e complice le nuvole il tramonto si trasforma in una straordinaria bellezza da cartolina.
La notte si alza un vento impetuoso, sembra che da un momento all'altro si debba scoperchiare il tetto, appena cessa un momento viene giù una pioggia battente per poi trasformarsi di nuovo in vento, avanti così per tutta la notte.
All'alba ci alziamo presto e dopo aver salutato la signora “mangia moscerini” partiamo riprendendo la pista che costeggia il lago. Il paesaggio è di estrema bellezza e la pista a tratti sabbiosa scorre sotto di noi con qualche difficoltà, alle volte sono costretto ad inserire le quattro ruote motrici. Stiamo attraversando la parte nord della regione dell'UVS a ridosso delle montagne dell'Altay, la zona ci regala paesaggi e panorami fantastici. Stiamo viaggiando su un falso piano che va dai 1000 ai 2000 metri, la nostra vista spazia su una cornice di montagne innevate dove torrenti in piena scorrono veloci verso i laghi sottostanti.
Arriviamo a Tsagaannhayrhan un grosso villaggio dal nome impronunciabile mettendoci subito alla ricerca di un bazar dove comprare pane, frutta e qualcosa come scatolame e formaggio così da rimpinguare la nostra cambusa. Con l'aiuto del gestore del negozio riusciamo anche a trovare una sistemazione per la notte in una famiglia che ci mette a disposizione una camera in un fabbricato adiacente al bazar.
La mattina, dopo aver fatto colazione in camera, salutiamo la famiglia e paghiamo la cifra di Euro 8 per la notte. Riprendiamo la pista ma con la mia vista sempre attenda al controllo dell'auto scopro che c'è un chiazza di olio sotto il motore. Panico. Controllando meglio per capire da dove possa venire questa perdita scopro che parte dal filtro olio. Mentre penso a cosa fare abbiamo tutto il villaggio attorno, molti si improvvisano meccanici facendo diagnosi di qualsiasi genere, solo uno si dice meccanico, si offre di sistemare il problema e ci porta nel cortile di casa sua che più che una officina sembra un deposito di sfascia carrozze. Inizio a preoccuparmi ma vedo che lui si mette all'opera con molta sicurezza e sebbene con attrezzi rudimentali riesce facilmente a smontare il filtro, scopre che la guarnizione di tenuta è alquanto rovinata, cerca una guarnizione tra i rottami del suo deposito, la trova, la adatta e aggiungendo silicone risolve il guaio egregiamente. Fantastico un grazie di cuore a queste persone che ci danno la possibilità di riprendere il viaggio con una modica spesa di Euro 10.
La pista dapprima battuta piano piano diventa sempre più impervia, solchi profondi mi costringono ad una guida molto attenta. Si sale di quota attraverso un bosco dove le radici degli alberi mettono a dura prova le sospensioni.
Il paesaggio alpino ci riporta in mente il paesaggio di casa nostra con la differenza che i villaggi non hanno i tetti spioventi ed in muratura ma sono formati da baracche in legno e tende chiamate Gher. Nella pausa pranzo controllando il motore mi accorgo di aver perso definitivamente il para coppa in plastica in qualche tratto impegnativo, pazienza da qua in poi aguzzerò la vista facendo più attenzione a dove metto le ruote.
Sono le 5 del pomeriggio quando arriviamo nella cittadina di Tes, un grosso assembramento di case e Gher con le capre, mucche, yak e cavalli che girano liberamente per le vie del paese, uno scenario d'altri tempi. Troviamo sistemazione come la notte precedente, una casa adibita a viandanti con a disposizione dei letti in camerata compreso un pasto caldo. Oggi è giornata sfortunata non c'è due senza tre, mentre contrattavo per la notte un ragazzino, non so come abbia fatto, per tentare di aprire la portiera dell'auto ha strappato la maniglia facendo uscire fuori il gancio del pistoncino di apertura. Con l'aiuto del gestore del locale in questione ho impiegato un'ora a smontare il pannello della porta e a sistemare il tutto, poi in un bazar ho comprato una colla cinese Bi componente per incollare la parte della maniglia che si era staccata dalla portiera, speriamo che domani sia migliore.
La mattina di mercoledì 26 agosto riprendiamo la pista, il paesaggio è sempre di straordinaria bellezza, incontriamo molti rapaci come aquile e falchi, riesco a fotografarli da vicino sia a terra che in volo, ci soffermiamo ad ammirare i cammelli che in questa zona pascolano numerosissimi, i cavalli allo stato brado econ molti puledri appena nati, siamo immersi nella natura nel bel mezzo del nulla senza quasi mai incontrare esseri umani per centinaia di chilometri.
Attraversiamo i villaggi di Bayantes eTsetserleg e poco dopo troviamo un posto incantevole sopra una radura per consumare il nostro pranzo godendoci una spettacolare visione naturale.
Dopo altri 80 chilometri di pista impegnativa e con diversi guadi su alcuni corsi d'acqua arriviamo nel villaggio di Tsgaan-Uul dove cerchiamo un posto per passare la notte. Un ragazzo in moto ci fa cenno di seguirlo portandoci direttamente nell'unica casa per viandanti dove troviamo posto in una stanzetta appena accettabile ma molto dignitosa.
Finalmente questa sera possiamo cenare nell'unico ristorante del paese dove ci facciamo una Zuppa calda di montone con patate e riso, da bere escludiamo naturalmente la bevanda nazionale l'airag: latte di cavalla fermentato bollito con foglie di tè e sale, per prendere una birra locale e acqua.
Nel villaggio ci sono diverse persone che si spostano in groppa ai cavalli, lungo le vie del villaggio si vedono di frequente piccole staccionate dove legare le briglie dei cavalli fungendo da parcheggio.
La mattina prima di partire ci facciamo una ottima colazione con il nostro tre in uno, cappuccino e caffè dove inzuppiamo il pane comprato la sera precedente.
La pista che stiamo facendo diventa sempre più impervia, attraversiamo fittissimi boschi di pini dove le radici ed il fango la fanno da padrone. Si sale su colli che superano i 2000 metri, il paesaggio è sempre da cartolina.
Arriviamo abbastanza presto nella cittadina di Moron capitale della provincia
del Hôvsgôl. Dopo una piccola ricerca troviamo sistemazione nell'hotel Bshrelt dove ci viene proposto una stanza spaziosa, bagno, internet e posteggio auto compreso un bollitore con cui la mattina ci possiamo fare la colazione. Rimaniamo due giorni per riposarci e visitare anche il piccolo ma bello monastero buddista e il museo faunistico.
Sabato 29 agosto riprendiamo il nostro viaggio dirigendoci verso il lago di Hovsgol,
la strada è asfaltata da poco così in pochissimo tempo siamo al lago, un grossissimo specchio di acqua dolce molto pescoso e turisticamente attrezzato. Vorremmo fare una escursione a nord del lago per vedere la tribù dei Tsaatan gli uomini renna ma siamo in ritardo sul programma e decidiamo di continuare per l'itinerario programmato.
Lasciamo il lago dirigendoci verso il villaggio di Chagdamani-Ondor, la pista sale su colline sempre coperte da un bosco fitto formato da larici, betulle, pini e conifere, la visione paesaggistica spazia su laghi e fiumi, si sale e si scende guadando diversi corsi d'acqua alle volte profondi dove la nostra Tucson se la cava egregiamente.
Il pomeriggio tardi arriviamo nel villaggio di Tsagaan-Nuur dove come sempre troviamo una sistemazione, questa volta in una sorta di campo scuola per bambini dove questi rimangono a dormire in inverno quando non possono far ritorno nelle loro Gher per le cattive condizioni climatiche.
Abbiamo una stanza a nostra disposizione con una piccola offerta in denaro, circa 15 euro, il complesso è gestito da una famiglia ed il luogo si trova direttamente dentro il parco giardino del villaggio.
La serata la trascorriamo passeggiando lungo le vie polverose del villaggio sotto lo sguardo incuriosito degli indigeni e dei bambini festosi. Non c'è un posto dove possiamo cenare, ci tocca farci da mangiare da noi, solito scatolame, pane, biscotti, frutta e tisana calda. I letti pur avendo un piccolo materasso sono duri come pietre.
La mattina lasciamo le chiavi attaccate alla porta come da accordi presi la sera prima e riprendiamo con fatica la giusta pista verso la meta.
La giornata è grigia e piovigginosa, la macchina arranca sulla pista boscosa e malandata, ci consola un paesaggio primitivo fatto di natura incontaminata con moltissimi animali al pascolo e uccelli rapaci che da queste parti abbondano.
In una salita impervia con tronchi d'albero messi di traverso per sopperire alla mancanza di terra dura dove le gomme fanno fatica a fare presa, ad un certo punto sento un tocco secco sotto la scocca, sperando non sia successo niente di grave, alla prima radura dove la pista diventa più piatta scendo per controllare e mi prende un colpo: ho pizzicato la coppa dell'olio, perde non molto ma perde qualche goccia ogni tanto.
Sangue freddo, inizio a pensare cosa si possa fare in un luogo sperduto distante chilometri e chilometri dal primo centro abitato, mi ricordo della colla bi componente
ma non riesco a far nulla se prima non tolgo il gocciolio e pulisco bene la zona, a questo punto visto la perdita non eccessiva e forte dell'olio che ho di riserva
ripartiamo tenendo sotto controllo il livello dell'olio pronti a rabboccare se necessario.
La pista finisce sulla riva di un fiume dove ci sarebbe da guadare ma è talmente lungo e profondo il percorso per l'altra sponda che non mi fido anche perché la Tucson non è attrezzata di snorkel.
Torniamo indietro verso un campo Gher che avevo appena visto, ci sono solo due donne e due bambini di circa 10/12 anni, a gesti mi faccio capire e la madre ordina al bambino maschio di farci vedere il punto dove guadare, ringraziamo della disponibilità e seguiamo il bambino che in groppa al suo cavallo ci fa strada. Ci porta al punto dove eravamo arrivati prima e non avevamo voluto guadare ma lui ci fa capire che è l'unico passaggio possibile, si mette a guadare lui con il suo cavallo cercando di farci vedere il passaggio migliore ma quando vedo che l'acqua sfiora in più punti la pancia del cavallo capisco che non è possibile.
Ritorniamo al campo Gher e con rammarico salutiamo e ringraziamo la famiglia, siamo costretti nostro malgrado, visto che non ci sono altri punti facile per guadare, a fare tutto il percorso a ritroso.
Prima di arrivare nel punto dove è successo il guaio alla coppa dell'olio usciamo dalla pista principale cercando di viaggiare a volo di uccello per aggirare l'ostacolo, ci riusciamo benissimo riprendendo la pista alcuni chilometri dopo.
Arriviamo di nuovo nello stesso posto che avevamo lasciato la mattina e andiamo nell'unico bazar del villaggio per comprare delle gomme da masticare, del pane, frutta e biscotti.
La signora si stupisce di vederci di nuovo ma allo stesso tempo è felice di ricavare ancora qualche moneta con l'affitto della stanza.
Metto subito la macchina in posizione facendo salire le ruote sopra a degli assi di legno in modo da avere più spazio da poterci lavorare.
La gomma da masticare era già più di mezz'ora che mi lavorava in bocca pronta ad essere applicata alla piccola falla del carter motore che come per miracolo non perde più olio, a questo punto con pazienza pulisco a fondo la porzione dove dovrò applicare la colla, poi impasto i due componenti su un bigliettino da visita e quando tutto è pronto lo posiziono energicamente sulla falla.
Andiamo a letto con l'intendo di ripetere l'esperimento l'indomani mattina con motore freddo per rafforzare la riparazione.
La notte piove per tutto il tempo, ci svegliamo che ancora pioviggina, non mi scoraggio e con l'aiuto di Assunta che mi tiene l'ombrello aperto eseguo l'operazione sperando che la riparazione duri almeno fino a Ulaan-Baatar dove cercheremo di rimediare al problema definitivamente.
La pista di ritorno è segnata come track back ed è facile seguire la traccia velocizzando l'andatura. Arriviamo di nuovo a Moron dove prendiamo posto nello stesso albergo per passare la notte.
Veniamo a conoscenza che da qua in poi la strada fino alla capitale è tutta asfaltata, Assunta e la macchina gioiscono non poco, speriamo in bene.
Effettivamente l'asfalto ha preso il sopravvento, la Mongolia non è più la stessa di dieci anni fa quando l'abbiamo visitata in moto, sta cambiando rapidamente facilitando il trasporto e lo spostamento dei mongoli.
La strada si presenta buona con un manto stradale accettabile, i chilometri scorrono veloci e il paesaggio è sempre bellissimo, la macchina prende fiato e macina chilometri su chilometri arrivando con facilità a Erdenet dopo circa 420 chilometri.
Troviamo sistemazione in un albergo vicino al grande mercato dove ci rechiamo per fare spesa; ho bisogno di acquistare un pantalone con delle ampie tasche, lo trovo ma vista la mia altezza devo farlo accorciare di gamba, non c'è problema a fianco del venditore ci sono delle sarte che in poco più di 5 minuti mi risolvono il tutto con la modica cifra di 60 centesimi di Euro.
La sera mangiamo in un ristorante tipico Mongolo assaggiando piatti della tradizione locale in modo raffinato e gustoso, dopo giorni e giorni di cucina povera ne abbiamo sentito il bisogno.
Lungo la strada per U.B (diminutivo di Ulaan-Baatar) facciamo una escursione di circa 35 chilometri in andata e 35 di ritorno su strada sterrata ben segnata per andare a vedere il bellissimo monastero di Amarbaysgalan posto in un contesto paesaggistico di incomparabile bellezza.
Il monastero è uno dei pochi perfettamente conservato e il secondo più bello del paese dopo quello di U.B. Chissà come e perché ma si è salvato dalla purga Sovietica.
Lasciamo questo fantastico posto per riprendere la strada che ci porterà nella capitale Mongola.
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